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MARCO SOLARI

“Solo il folle riesce ad avere il libero arbitrio,
perché gestisce autenticamente se stesso”.

“Ho ritrovato me stesso nel trasformare la Scarzuola. Lei è stata la mia maestra.
Mentre io la mettevo a posto, Lei faceva uscire il giullare che sono sempre stato
e mi ricordava chi ero”.

Marco Solari nasce a Genova nel 1949, vive molto e svolge diversi lavori,
che spaziano dall’ambito finanziario alla creazione di gioielli. Approda alla Scarzuola, dove tuttora abita, nei primi anni Ottanta, quando succede allo zio Tomaso Buzzi.
Egli è proprietario, costruttore, custode, anfitrione e anima della “Complicata”.
Marco Solari ha fatto la pietra, costruendo la Scarzuola per quaranta anni, materializzando i progetti di Buzzi e spiritualizzando le energie del luogo. Ha dedicato tutto se stesso alla realizzazione dell’opera e alla sistemazione del complesso francescano,
per poi animare le pietre con un soffio vitale che ne rivela il suono ancestrale e ne
illumina i geroglifici nascosti. Il percorso in cui accompagna il visitatore è surreale,
onirico, irriverente e folle, tra le salite e le discese del giardino illumina i tufi rivelatori, svela melodie che risuonano nell’anima, tratteggia i colori della Grande Opera,
porta l’anima pronta sulla via del ricordo.

Marco dice di sé: “Il personaggio è uno stronzo, vi manda affanculo, è maleducato,
vi dà dei cretini e vi ruba 10 Euro”.

L’OPERA

“…La musica per Buzzi era fondamentale. Ogni tufo messo in una certa maniera crea frequenza. La pietra dà una frequenza, questa un’altra. Ognuno percepisce una cosa diversa…” “Nello stesso tempo deve essere tutto annullato dalla pazzia. Non è una missione, è troppo pesante, ma il teatro è ironia. Infatti lui (Buzzi) fa tre giochi insieme. Nel teatro ci sono tre tipi di scenografie: una per la commedia, ed è data dalla città contemporanea. Una per la tragedia e alla città contemporanea si aggiungono gli edifici antichi. E una è la satira che ha la natura…”

La Scarzuola è un percorso simbolico e alchemico che si dispiega all’anima aperta rivelando metafore di tutte le vite e una relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra il convento (città sacra) e le fabbriche del teatro (città profana), sovraccariche di simboli e segreti, di riferimenti e di citazioni. Costruita sulle adiacenze di un convento del ‘200 fondato da San Francesco, vede scorrere nelle sue vene l’acqua sacra fatta sgorgare dal santo, sente pesare sul suo suolo labirintico il peso lieve delle strutture teatrali che la compongono, ode risuonare negli spazi equilibrati con la proporzione universale la melodia del “do di petto”, osserva come occhio alato le verità del sempre stato dispiegarsi dai criptici codici. Dall’anfiteatro che regala l’ostrica e la perla, alla polena della Grande Madre, passando per la bocca di Giona, risalendo le 12 fatiche di Ercole, arrivando alla porta dell’amore che tutto vince, fino al cipresso fulminato da Giove e alla piramide di cristallo custodita dalla torre di Babele. Un viaggio per nave al buio, dentro se stessi, con l’orologio dell’uroboro che scorre al contrario, a riunire fiori a stelle, a spiritualizzare la materia e materializzare lo spirito. La Scarzuola è onirica e notturna, un sogno di pietra formato da costruzioni raggruppate in sette scene teatrali, metafora della vita di ciascuno, codice disvelatore della Matrix e rivelatore dell’Uno.

“La Scarzuola è una medicina, può avere effetti collaterali anche gravi”.